BIM | Tempo di lettura 4 min

Collaborazione e BIM

Renato Caenaro, 08/02/2021

Si fa tanto parlare di SmartWorking in questo periodo, dei pregi e delle difficoltà, soprattutto organizzative, ma se nell’equazione inseriamo la collaborazione e il co-design?

La progettazione collaborativa è un bel concetto, certamente più cervelli, interdisciplinari tra loro, lavorando insieme riescono ad avere più prospettive e quindi affrontare qualsiasi decisione meglio di quanto non potrebbe fare un solo cervello. Ma per sfruttare davvero le sinergie, occorre stravolgere l’attuale sistema di lavoro:

  • occorre un management forte dedicato esclusivamente allo scambio informazioni del gruppo di lavoro.
  • occorre passare da un organizzazione industriale sequenziale ad un organizzazione iterativa e collaborativa.
  • infrastrutture tecnologiche appropriate.

I membri del team di progetto dovrebbero condividere i loro modelli con gli altri membri a intervalli regolari. A certi traguardi, i modelli di diverse discipline devono essere coordinati, consentendo alle parti interessate di risolvere i potenziali conflitti in anticipo ed evitare ritardi e costose varianti in corso d’opera durante la fase di costruzione. Prima di fare il coordinamento dei modelli, i rispettivi modelli devono essere controllati, approvati e validati come “pronti per il coordinamento”.

Ho ritrovato questo articolo che descrive la progettazione collaborativa, mi sentirei solo di aggiungere che oggi giorno, con la diffusione sempre maggiore del BIM, la collaborazione diventa obbligatoria non solo per migliorare la fase creativa ma anche perché è richiesto che specialisti di diverse discipline collaborino alla realizzazione del medesimo progetto.

Quando parliamo di “infrastrutture tecnologiche appropriate” nella realtà di cosa stiamo parlando?

Stiamo parlando di una moltitudine di tecnologie gratuite e non, disponibili nel cloud oppure da installare sul proprio pc, che richiedono un server oppure in affitto come PaaS con un canone, etc...

A questo aggiungiamo il mix di dispositivi/software che usiamo per comunicare: cellulare, gruppi Whatsapp, mail

Per non parlare poi degli eventuali software per la gestione di progetto come Trello (solo per prenderne uno gratuito)

Tutto questo per arrivare a quello che nella mia esperienza ho identificato come il paradosso della condivisione:

  • realtà più piccole: liberi professionisti e piccole aziende / studi di progettazione non hanno le nozioni sistemistiche per creare un sistema integrato composto da molteplici strumenti efficiente, e di sicuro sono in difficoltà a destinare un budget per questo scopo.
  • grandi realtà: grandi aziende / imprese di costruzioni hanno il personale qualificato, il budget ma anche mani legate da procedure interne/policy/privacy e una sana paura riguardante la condivisione dei propri file e documenti verso dispositivi esterni all'azienda.

Queste due casistiche impediscono di fatto la collaborazione, o per lo meno la rendono molto difficoltosa tanto che spesso non è vista come un vantaggio competitivo ma come un problema inevitabile da risolvere.

Per non parlare infine di costi: in un team composto da qualsiasi tipo di realtà, i costi derivati dalla collaborazione basata su strumenti tecnologici a chi spettano? Chi deve pagare per le licenze software, gli abbonamenti, l’hardware? È facile dire che i costi vanno ripartiti ma poi all'atto pratico questa ripartizione diventa difficile quando il venditore del servizio non consente il subaffitto della licenze oppure quando si tratta di acquistare dell’hardware che poi va in capo a un'unica azienda.

Siete stufi di dover affrontare questa problematica squisitamente tecnologica e aggirare gli ostacoli con molta inventiva? Siete un piccolo team che deve collaborare in mobilità? Siete una piccola azienda che collabora in un network di aziende? Siete una grande azienda che deve gestire la progettazione di un pool di progettisti esterni?

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