Procediamo con l'approfondimento del tema relativo alla pubblicazione di contenuti illeciti e riprendiamo l'esempio già citato di Tizio il quale, senza autorizzazione di Caio, condivide su una piattaforma gestita da un Internet Service Provider un contenuto che scredita l'onore e la reputazione di Caio.
Molto spesso, programmatori e gestori di ISP mi hanno domandato se incorrono in qualche tipo di responsabilità qualora i loro utenti condividano contenuti di carattere illecito all'interno delle loro piattaforme.
Prima di rispondere a tale quesito, è opportuno esplorare "l'ambiente" di riferimento.
Oggi, l'interazione degli utenti online avviene su c.d. piattaforme web 2.0; trattasi, sostanzialmente, di ambienti che permettono all'utente di essere nel contempo fruitore e produttore di contenuti, che vengono aggregati in moltitudine in un unico canale. Inoltre, è data la possibilità all'utente di individuare con precisione utenti terzi, servendosi dei dati personali forniti in sede di registrazione alla piattaforma dai medesimi.
In un certo senso, pertanto, la piattaforma web 2.0 potrebbe essere rappresentata figurativamente come una bilancia, che opera costantemente un contemperamento tra la libertà di espressione ed il sacrificio della privacy individuale, intesa in senso ampio come il diritto di escludere i terzi dalla propria sfera di intimità e vita privata nonché il diritto di mantenere il controllo sulle proprie informazioni. Un contesto, quindi, in cui sempre più facilmente si verificano lesioni delle sfere giuridiche altrui, dalla violazione del diritto d'autore alla violazione dei diritti della personalità . Esemplare, in tal senso, è prendere in considerazione i seguenti dati: nell'anno 2016, 3.789 utenti Facebook hanno inviato segnalazioni all'ISP volte ad instaurare procedimenti penali. Circa il 58% di queste segnalazioni ha indotto Facebook a rilasciare determinati dati sensibili all'istante.
Definito lo scenario di riferimento, è ora il momento di affrontare il quesito de quo, ossia se e quando l'ISP possa essere ritenuto responsabile per il fatto di ospitare sulla propria piattaforma un contenuto illecito.
In merito, l'art. 16, d. lgs. 70/2003, recita che "nella prestazione di un servizio della società dell'informazione, consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore:
Fortunatamente, l'interpretazione preferita ha trovato conforto nella giurisprudenza di merito che ha correttamente previsto che l'effettiva conoscenza dell'illiceità dell'attività possa derivare sicuramente da comunicazione dell'autorità competente ma anche, a ben vedere, "dal soggetto che si ritiene leso nei propri diritti dall'attività o informazione in questione" (Trib. Catania, 21 aprile 2011).
Pertanto, appare corretto ritenere l'ISP responsabile per la pubblicazione di un contenuto illecito qualora, nonostante abbia avuto conoscenza che le informazioni trasmesse sulla sua piattaforma ledono i diritti di un terzo, sia che tale segnalazione provenga da un terzo che dall'autorità di vigilanza, l'ISP non si attivi per impedire che tale violazione persista.
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